Quando si sono aperte le porte dell’ascensore al settimo piano di Via San Marco, mi sono ritrovata nell’ufficio di Giovanna, una gemma nel cuore di Milano, dove ogni cosa ha trovato la sua dimensione all’interno di un appartamento degli anni Cinquanta. Giovanna Silva, artista ma anche imprenditrice, un po’ per storia familiare, un po’ per la casa editrice da lei fondata, la Humboldt Books, una realtà indipendente che prende vita nel 2012 ed è sicuramente una fra le più interessanti nel panorama nazionale. Una personalità dinamica, avvolgente, ma allo stesso tempo solitaria. Ed è proprio nel suo posto del cuore che Giovanna custodisce la sua solitudine, il bisogno di rimanere con sé stessa e mettere in pausa la frenesia della vita milanese per trascorrere del tempo in un luogo dove tutto scorre lentamente: Venezia.

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Giovanna Silva

La mia prima visita a Venezia è stata da bambina e mi dispiace non averne memoria, adesso pagherei per rivivere da adulta la prima volta a Venezia, perché è un posto davvero incredibile. Molte persone non si rendono conto di come sia unica anche solo per come sta in piedi, di come tutto funzioni sull’acqua. Lo scorso inverno ho fatto un lavoro sul mantenimento della città, seguivo gli addetti della Veritas – lo spazzamento stradale veneziano urbano - che ancora tutte le mattine girano a piedi con il carretto nei vari sestieri per ritirare la pattumiera; poi vedi queste barche che all’alba fanno il giro degli alberghi per raccogliere le lenzuola da portare sulla terra ferma per lavarle e tornare indietro. Tutte queste attività, che vengono fatte tra le sei e le nove del mattino e che consentono alla città di vivere mentre i turisti ancora non ci sono o dormono, rendono Venezia unica nel suo genere. Come se avesse una quotidianità nascosta che vive silenziosamente all’insaputa dei visitatori. Ho iniziato a frequentare Venezia per studio, dopo essermi laureata in architettura a Milano ho deciso di trasferirmi lì per studiare antropologia. Dopo due anni di vita da pendolare ho deciso di comprare la mia prima casa a Venezia, non distante dall’università, a Dorsoduro che è uno dei sei sestieri veneziani insieme a Castello, Cannaregio, Campo San Paolo, Santa Croce e San Marco, che prende il nome proprio dal patrono della città.

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Giovanna Silva
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A Venezia, ogni anno, trascorro gran parte della mia estate perché mi permette due cose che per me sono fondamentali: vivere in una città che ha un’intensa vita culturale, grazie alla Biennale d’Arte, Architettura, Teatro, Danza e poi a settembre del Cinema; e allo stesso tempo quando hai venti minuti di tempo libero - io ho la fortuna di avere una barca - prendere e girare per la laguna. La cosa che mi piace e che ho scoperto negli anni – oltre a camminare nelle calli senza perdermi, grande upgrade nella mia vita – è che Venezia non è solo la città, ma anche una serie di isole, alcune deserte, altre invece monasteri che sono stati riconvertiti nel tempo. Quando si esce in barca si possono trovare due scenari naturalistici completamente diversi: la laguna sud, composta da isole compatte e permanenti, mentre la laguna nord a seconda delle maree ha degli isolotti che appaiono e scompaiono. Ci sono isole con chiese meravigliose, come San Francesco del Deserto, oppure la grande isola di Sant’Erasmo che è l’orto di Venezia, gran parte della frutta e verdura di Venezia è coltivata lì, e poi c’è il Lido, che per me è ancora parte di Venezia, mentre per i veneziani è la loro residenza estiva: in estate chiudono la casa di città per trasferirsi al Lido che dista solo qualche fermata di vaporetto.

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Il Lido mi ricorda un po’ la mia infanzia, il lungomare con tutti gli stabilimenti, il profumo un po’ proustiano della crema abbronzante, il colore delle signore del Lido, che per me è stato messo fuorilegge dopo gli anni Novanta quando hanno scoperto che il sole faceva male, ma che al Lido va ancora. Un’altra cosa che mi piace e che mi spinge a passarci l’estate sono le sagre. Ogni zona di Venezia ha la propria e sono delle manifestazioni rimaste immacolate nel tempo, ferme alla loro epoca. La sagra così come ce la immaginiamo, lunghe tavolate in cui si cucinano e si mangiano le cose tipiche, che a seconda del sestiere cambiano lievemente, la tombola tutti insieme e il coro che canta. Venezia ha questa duplice anima, da una parte culturale, elevata e internazionale, dall’altra tradizionalmente locale, e questo dualismo lo apprezzo moltissimo perché la rende una città estremamente equilibrata.

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Venezia è il luogo dove mi isolo, che per me è importantissimo. È un luogo dove però non si è soli: c’è una grande distinzione tra scegliere la solitudine, la riflessione, ed essere soli. Per me è un luogo dove scelgo di stare sola, dove posso sentire me stessa mentre cammino. Mi piace molto essere legata alla solitudine che Venezia mi concede, andare al baracchino delle Zattere al tramonto a leggere da sola, godermi il paesaggio, concentrarmi su quello che vedo, avere lo sguardo libero da un enclave sociale mi riposa moltissimo. Venezia è lenta in tutto quello che fa. Un posto dove non devi programmare la tua vita è un luogo molto spontaneo. Uno di quei luoghi dove quando ci pensi e quando ci sei, sei felice.”

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